Resti di un Mondo che fu..

Principe Adalex





« Oggi a me, domani a te,
io ero quel che tu sei,
tu sarai quel che io sono.
Pensa mortal che la tua fine è questa
e pensa che ciò sarà ben presto. »







"La decomposizione di un cadavere può rallentare o arrestarsi nel caso in cui la salma si disidrati e resti corificata: si forma così la mummia. In questo processo di mummificazione naturale rilevano anzitutto le condizioni dell'aria e del suolo. Aridità assoluta, lieve radioattività o esalazioni (ad es. acide o saline) dal terreno possono agire in tal senso, così come i sarcofagi sigillati o il flusso continuo d'aria molto secca. Analogamente, l'assunzione costante di tossici nell'arco della vita a scopo medicinale (in quantità molto piccole e innocue per il paziente) può favorire una mummificazione naturale. Vari principi attivi sono ancora rilevabili poco dopo la morte; poi, molte delle sostanze grasse di una mummia si trasformano o decadono nel corso del tempo."



Mummie Preistoriche




Signora di Buia (un milione di anni)
La Signora di Buia è il nome dato ad un reperto osseo cranico incompleto, appartenente ad una donna di circa 24 - 28 anni, rinvenuto nel villaggio di Buia in Eritrea nel 1995 ed avente un'età di circa un milione di anni.

Incerta appare la sua possibilità di classificazione a causa della sua incompletezza ed in quanto esso presenta sia caratteri tipici di Homo erectus sia caratteri di Homo sapiens. Questo ha fatto nascere alcune nuove ipotesi che sposterebbero indietro nel tempo la comparsa della specie sapiens. Il reperto si trova nel Museo Nazionale Eritreo a L'Asmara. Negli stessi strati geologici, formatisi in ambiente fluvio-lacustre, sono state rinvenuti numerosi resti di vertebrati terrestri tra cui elefanti, ippopotami, iene ecc..

La scoperta si deve al paleontologo italiano Lorenzo Rook dell'Università di Firenze.



Uomo di Altamura (150 mila anni)
L'Uomo di Altamura (familiarmente soprannominato Ciccillo) è lo scheletro intero ed integro di una forma arcaica di Homo neanderthalensis scoperto il 7 ottobre 1993 durante alcune attività di ricerca da parte degli speologi del Cars (Cento Altamurano per le Ricerche Speleologiche).
La scoperta è avvenuta nel pozzo carsico, costituito da un sistema di grotte piuttosto complesso, di Lamalunga, nei pressi di una lama, che si presenta come una valle allungata, delimitata da numerose collinette dall’aspetto tipico della murgia di Altamura, in Puglia. Durante la fase esplorativa alcuni componenti del Cars, rinvenirono il giacimento di cui il reperto costituisce la "punta di diamante" della scoperta. Sul versante rivolto alla valle di una di queste collinette, si apre l’accesso che conduce all’interno della grotta a circa 8 metri di profondità. Tutte le grotte di questo tipo manifestano, attraverso aperture (inghiottitoi) in superficie, che possono rimanere pervie o obliterarsi in alternanza di periodi più o meno lunghi, la capacità di raccogliere al loro interno materiali che vengono trasportati dallo scorrimento superficiale delle acque meteoriche. Così si spiega la presenza di numerosi resti (taluni molto voluminosi), di fauna anch’essa molto antica. L’equipe guidata dal prof. Vittorio Pesce Delfino dell’Università di Bari avanzò, subito dopo la scoperta, la prima proposta di collocazione filetica e la prima stima, su basi esclusivamente morfologiche, del reperto. Una forma di pre-neandertaliano (questa è invece una tipica definizione linneana di specie), doveva essere collocata antecedentemente alle forme più antiche di Neanderthal classici e successivamente alle fasi corrispondenti a Homo erectus, pertanto la stima della datazione, prevedeva un intervallo tra 400.000 e 100.000 anni fa, con valori più probabili intorno a 150-250.000 anni fa. Ma il riferimento ad una forma arcaica di Homo neanderthalensis prevede anche che il reperto debba presentare caratteri morfologici che lo precedono e quindi richiamanti direttamente caratteristiche tipiche dell’Homo neanderthalensis. Gli studi successivi, condotti preservando il reperto nel suo sito di ritrovamento, hanno permesso di verificare questo aspetto in quanto a tipici caratteri neanderthaliani (morfologia delle orbite e degli ispessimenti ossei sopraorbitari, assenza di fossa canina e presenza di uno spigolo ben evidente sull’osso mascellare, ispessimento dell’osso occipitale, caratteristica della apofisi mastoide, esistenza di uno spazio retromolare e andamento del margine superiore della branca ascendente della mandibola). Alcune caratteristiche associano caratteri che tipicamente ricorrono in Homo sapiens, tra i quali, in particolare, la convessità della squama dell’osso occipitale. L’interesse del reperto paleoantropologico Uomo di Altamura deriva da numerosi fattori quali la spettacolarità naturalistica dell’intero complesso rappresentato dalle ossa nell’ambiente carsico che le ha concrezionate, saldandole le une alle altre rendendole assolutamente fisse, la completezza dello scheletro, e le caratteristiche morfologiche richiamate. L’intera preesistente conoscenza dei Neanderthal europei, derivava da reperti invero numerosi ma frammentari; per esempio una calotta cranica in Germania, frammenti cranici più o meno voluminosi ma mai completi in Grecia, Italia, Spagna e Francia, costringendo gli antropologi ad uno sforzo non facile per individuare le caratteristiche e le compatibilità delle parti mancanti. Tutto ciò non avviene in Altamura dove i diversi segmenti ossei, tutti perfettamente conservati, permettono di spostare l’esame delle compatibilità morfologiche, da un problema di mera limitata consistenza degli altri reperti, ad un ben più impegnativo problema di interpretazione morfo-funzionale ed evoluzionistica. A fronte di questa situazione ideale il reperto di Lamalunga ha posto formidabili problemi di metodologia di studio e di fruizione a causa della impossibilità della sua rimozione con procedure che possano garantirne il recupero senza danni; a questo scopo è stato realizzato il progetto “Sarastro” impostando l’approccio alla grotta del reperto con la logica del “museo dal campo”, nel quale una infrastruttura tecnologica permette sia la fruizione che lo studio scientifico in modalità remota, lasciando il reperto totalmente indisturbato e protetto nel suo sito di ritrovamento. Recentemente i ricercatori dell’Università di Bari, hanno effettuato riprese con scansione laser del reperto, tuttora conservato nella grotta di Lamalunga, ottenendo quindi mappe numeriche che permettono di effettuare valutazioni sia di carattere dimensionale che morfologiche, utilizzando modelli matematici e procedure anche in grado di ottenere la riproduzione di copie fisiche del giacimento. Contemporaneamente sono state effettuate riprese video tridimensionali. I risultati sono stati presentati al Convegno di Bonn 150 years of Neanderthal discoveries- Early Europeans Continuity and Discontinuity dove è stato registrato grande interesse con specifiche richieste di successive interazioni sull’argomento, da parte dell’UNESCO, del Wenner Gren Foundation di New York, dell’American Museum of Natural History di New York, del The Abdus Salam – International Centre for Theoretical Physics di Trieste.




Uomo di Kennewick (9000 anni)
L'uomo di Kennewick è il nome dato ai resti di un uomo preistorico ritrovato nel letto del Fiume_Columbia vicino a Kennewick, Washington, il 28 giugno 1996. La scoperta dell'uomo di Kennewick fu accidentale: una coppia di spettatori trovò il cranio mentre assisteva alle gare annuali di idroplano.

Il ritrovamento dei resti scatenò discussioni riguardanti la relazione con i diritti religiosi dei nativi americani e l'archeología. Basandosi sulla normativa "Atto di Protezione e Rimpatrio delle Tombe dei Nativi Americani", cinque gruppi di nativi americani (Nez Perce, Umatilla, Yakama, Wannapum e Colville) reclamarono i resti ritrovati come loro proprietà per essere consegnati secondo la tradizione. Solamente gli Umatillas proseguirono con la petizione presso la corte.

Nel febbraio del 2004 La corte decise che non si fosse trovata una relazione culturale tra le tribù ed i resti, avrebbe permesso di approfondire gli studi scientifici.

Nel luglio 2005, scienziati provenienti da tutti gli Stati Uniti si riunirono a Seattle per dieci giorni a studiare i resti, facendo misurazioni dettagliate e determinando la causa della morte. Dalle ricerche emerse che il cranio era di un Caucasoide e dalla datazione del C14 risultava avere 9000 anni.

Questi risultati escludevano che si trattasse di un nativo americano, e ipotizzavano che un individuo di provenienza europea avesse raggiunto l'America attraversando lo Stretto di Bering nel periodo di glaciazione di quell'area.

Partendo da uno stampo del cranio, gli anatomisti James C.Chatters e Thomas Mc Clelland hanno ricostruito il viso dell'uomo di Kennewick.





Mummie Chinchorro (5000 - 3000 a.C)
Le Mummie Chinchorro sono resti mummificati di individui appartenenti alla cultura sudamericana Chinchorro, rinvenute nei territori che oggi appartengono al nord del Cile e al sud del Perù.

Sono i più antichi resti mummificati del mondo, risalenti a migliaia di anni prima la comparsa dei riti di imbalsamazione in Egitto. Si pensa che i primi corpi mummificati dei Chinchorro risalgano a circa il 5.000 a.C., con un picco intorno al 3.000 a.C. Spesso i defunti sono stati minuziosamente preparati, eliminando gli organi interni e sostituendoli con fibre vegetali o peli di animali; in alcuni casi gli imbalsamatori sono giunti ad eliminare la pelle e la carne dal corpo del defunto per sostituire il tutto con argilla. I resti di conchiglie e la composizione chimica delle ossa suggeriscono che il 90% della loro dieta fu basata su frutti di mare. Tra le varie culture andine di pescatori del periodo, i Chinchorro sono stati gli unici a dedicarsi alla conservazione dei corpi dei loro defunti.


Altro particolare degno di nota è che i Chinchorro utilizzarono tali riti di conservazione per tutti i loro defunti compresi bambini, neonati e feti. Ciò indica che la mummificazione non era riservata a personaggi di alto rango e non costituiva uno status simbol.

La datazione al radiocarbonio indica che la mummia Chinchorro più antica rinvenuta appartiene ad un bambino e fu estratta nel sito della valle di Camarones, a 96 chilometri a sud di Arica e risale a circa il 5.050 a.C. Questa tradizione fu in uso fino al 1.800 a.C., il che la rende contemporanea alla cultura di Las Vegas, la cultura Valdivia in Ecuador e la civiltà di Norte Chico in Perù.

Le mummie Chinchorro sono i primi esempi di conservazione deliberata dei defunti e tale tecnica potrebbe essere servita come un mezzo per aiutare l'anima a sopravvivere o per impedire che i corpi decomposti spaventassero i viventi.

Mentre molte culture in tutto il mondo hanno cercato di preservare i corpi dei personaggi illustri, i Chinchorro eseguivano la mummificazione su tutti i membri della loro società, compresi i bambini e feti. Grazie a questo trattamento egualitario dei morti, sono state ritrovate centinaia di mummie e molte ancora aspettano di essere scoperte. I corpi più antichi finora ritrovati nel deserto di Atacama risalgono al 6.000 a.C. e 5.000 a.C., per paragone basti pensare che la mummia più antica rinvenuta in Egitto risale "solo" al 3.000 a.C. circa.


Il modo in cui i Chinchorro mummificavano loro morti è cambiato nel corso degli anni, ma alcuni tratti sono rimasti costanti nel corso della loro storia. I tutti i ritrovamenti, la pelle e tutti i tessuti molli, organi interni e cervello furono rimossi dal cadavere. Vi è anche la prova che il midollo osseo fu rimosso dal femore di una mummia, ma questa tecnica non è ancora stata identificata come evento frequente. Dopo che i tessuti molli furono rimossi, le ossa vennero rinforzate con bastoni e la pelle trattata con sostanze vegetali prima di ricomporre il cadavere. Alla mummia fu quindi applicata una maschera di argilla, anche se alcune mummie vennero completamente ricoperte di argilla, avvolta in canne e lasciata ad asciugare per 30-40 giorni.

Le due tecniche utilizzate più di frequente da questa popolazione sono state ribattezzate come Mummie Nere e Mummie Rosse.

Mummie Nere

Questa tecnica è la più antica e risale al periodo tra il 5.000 a.C. e il 3.000 a.C. e prevedeva lo smembramento del defunto, il suo trattamento e successivamente il suo ricomponimento. La testa, le braccia e le gambe venivano rimosse, spesso anche la pelle subita tale trattamento. Successivamente il corpo veniva essiccato a caldo e la carne e i tessuti venivano completamente disossati. Finito tale trattamento, le varie parti del corpo venivano ricomposte e il corpo veniva ricoperto con una pasta di cenere bianca che riempiva gli spazi vuoti lasciati dal processo di ricomposizione, tale pasta era utilizzata anche per ripristinare le fattezze del volto. La pelle precedentemente tolta veniva adagiata nuovamente sul corpo, spesso tagliata a piccoli pezzi, ma alcune volte la riposizionavano quasi intera, infine veniva aggiunta una parrucca di capelli umani neri e corti. A volte veniva utilizzata anche pelle di leone marino per avvolgere il cadavere. Infine i defunti venivano dipinti con pigmenti a base di manganese, che contribuiva a dare loro un colore fondamentalmente nero.


Mummie Rosse

Questa tecnica è la più recente e risale al periodo tra il 2.500 a.C. e il 2.000 a.C. e non prevedeva più lo smembramento del cadavere, bensì si utilizzavano numerose incisioni da cui venivano estratti gli organi interni e dalle quali si provvedeva ad asciugare l'interno del corpo. Solo la testa veniva recisa per permettere la rimozione del cervello. Infine il corpo veniva riempito con materiali vari, spesso in maniera maggiore di quanto non fosse necessario, e rinforzato con l'utilizzo di bastoncini di legno; a questo punto le incisioni precedentemente eseguite venivano ricucite. La testa veniva riposta sul corpo e veniva adornata con una parrucca fatta con capelli umani lunghi fino a 60cm e tenuta ferma sul capo da una specie di cappello fatto in argilla. Fatta eccezione per la parrucca e per la faccia, che era dipinta nera, il resto del corpo era tinto con ocra rossa.




L'Uomo del Mondeval (5000 a.C.)
cacciatore di epoca mesolitica, perfettamente conservato col suo corredo funerario.

Il sito archeologico fu rinvenuto nel 1985, sotto un masso erratico di dolomia, da Vittorino Cazzetta da Pescul di Selva di Cadore, un appassionato della sua terra sia dal punto di vista geologico che storico. Cazzetta aveva notato alcuni reperti, in particolare manufatti litici e resti di pasto, nel terriccio accumulato da una marmotta impegnata nello scavo della propria tana. Gli scavi sono avvenuti sotto la direzione del prof. Antonio Guerreschi, docente di Paletnologia dell'Università di Ferrara, interessato a condurre delle indagini approfondite su quel sito; dal 1986 al 2000, il docente ha portato a termine quindici campagne di scavo e con l'aiuto di studiosi e di studenti ha trovato importantissime testimonianze sulla frequentazione umana risalenti ad oltre 80 secoli fa. Il ritrovamento più rilevante del sito di Mondeval è stato la sepoltura del cacciatore preistorico che costituisce per diversi motivi una scoperta importantissima, essendo, ad oggi, l'unica sepoltura mesolitica situata ad alta quota (2.150 m circa). Inoltre, è da ricordare la straordinaria conservazione del corredo funerario collocato attorno allo scheletro, con reperti organici (in particolare resti di pasto e resine con propoli) che hanno ampliato notevolemente le conoscenze paleontologiche.

Oggi lo scheletro del cacciatore del mesolitico è conservato nel nuovo museo di Selva di Cadore, mentre a San Vito di Cadore si può ammirare un calco identico all'originale, messo a disposizione dal prof. Guerreschi per la mostra sulle testimonianze lasciate dall'archeologia in territorio sanvitese.














L' Arciere di Amesbury (2300 a.C.)
Col nome di Arciere di Amesbury (soprannominato il "Re di Stonehenge" dalla stampa britannica, sebbene nulla metta in connessione il sito e l'arciere) si indica un uomo di 35-45 anni della prima età del Bronzo (databile attorno al 2300 a.C.), trovato nel maggio 2002 ad Amesbury, nei pressi di Stonehenge (Inghilterra).


Questa tomba riveste una grande importanza sia perché è una delle più ricche di quell'epoca mai scoperte in Britannia sia per le sue connessioni con l'Europa continentale. La datazione di questa sepoltura è stata resa possibile dalla presenza di cinque vasi funerari associabili con la Cultura del vaso campaniforme. Vicino all'arciere è stato trovato il corpo di un altro uomo, probabilmente un suo parente. Il ricco corredo funerario comprendeva oltre cento oggetti, tra cui orecchini d'oro, coltelli di rame e vasellame. L'uomo è stato soprannominato arciere per le molte punte di frecce trovate nel corredo. Attraverso un'analisi condotta sullo smalto dei denti, è stato possibile individuare la provenienza dell'"Arciere" da una regione fredda dell'Europa centrale, in un'area compresa tra la Svizzera, l'Austria e la Germania. Si pensa che sia stato uno dei primi fabbri della Britannia. L'esempio dell'Arciere di Amesbury è usato dai sostenitori dell'ipotesi secondo cui la diffusione della Cultura del vaso campaniforme (Bell Beaker culture in inglese) fu determinata da movimenti di popolazioni e non dalla semplice diffusione e adozione di modelli per la fabbricazione di oggetti.



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